Messaggio del vescovo e del rettore per la Festa del Santo
Stefano Callegaro
Carissimi fratelli e sorelle, in questo giorno di festa per la Chiesa di Padova, in cui ricordiamo solennemente Sant’Antonio, desideriamo condividere con tutti voi questo messaggio di augurio e di reciproco affidamento al Signore. È festa non solo per Padova, ma anche per tutti coloro che, provenienti da tutto il mondo, si fanno pellegrini presso la Basilica del Santo; oppure si uniscono in preghiera dalle loro case; a tutti sono rivolte queste parole di fiducia e d’incoraggiamento
Sant’Antonio di Padova è conosciuto in tutto il mondo per i segni prodigiosi che, sin da quando era in vita, si sono verificati grazie alla sua intercessione. Ci sembra che il primo segno che ancora oggi continua ad attuarsi sia proprio la comune manifestazione di affetto che si stringe attorno a lui. Nonostante il trascorrere dei secoli, continua a zampillare la sorgente di devozione nei confronti di Sant’Antonio e tantissime persone si trovano fianco a fianco pur non conoscendosi, ispirate dai medesimi sentimenti. La Chiesa è anche questo, popolo di fedeli che, dalle più diverse parti della terra, tessono fili di comunione, innalzano lodi al Signore, trovano forza e slancio per pregare. Un «prodigio di coralità»: ecco ciò che ci meraviglia sempre. Sant’Antonio ci ricorda che non si può essere cristiani da soli; che i discepoli e le discepole di Gesù fanno famiglia, fanno comunità.
Altra ragione di stupore è poter constatare l’incessante pellegrinare di moltissime persone che si mettono in viaggio, che spesso percorrono lunghi tragitti a piedi e che lungo il loro cammino pregano, si confidano vicendevolmente, si scambiano sogni e timori. Camminare: questo è un tratto quanto mai suggestivo dell’esperienza credente. Nessuno è mai arrivato alla meta una volta per tutte; sempre si può ricominciare, ripartire; sempre si annunciano a noi promesse che meritano di essere ulteriormente accolte, per riprendere il pellegrinaggio. Il cammino ci ricorda esattamente questo: che, per quanti errori noi possiamo aver compiuto, sempre ci sarà data la possibilità di risollevarci. Ma ci dice anche che, per quanto noi possiamo arrivare lontani, il Signore saprà spingerci oltre, attirarci a sé con il fascino della sua bontà; ci solleciterà a metterci sulle sue tracce senza stancarci mai. Pellegrini e – perché no? – esploratori curiosi: così desideriamo essere, uomini e donne animati dalla speranza.
«Popolo» e «viaggio», dunque. Coralità e cammino! Sono esattamente i due «poli» a cui desidera dar voce il dinamismo sinodale che sta vivendo anche questa nostra Chiesa di Padova. Siamo invitati ad iniziare un percorso di discernimento che aiuterà la nostra comunità diocesana a vivere più intensamente la missione che il Signore ci ha affidato. Nella lettera di indizione ci è stato ricordato che non si tratta di fare cose nuove, ma di rendere nuove tutte le cose (cfr Ap 21,5), cioè di dare un’anima a ciò che facciamo per il Signore, con quella freschezza e semplicità che il Vangelo esige e che deriva dal rimanere in Lui con gioia. Questa è la missione della Chiesa! Lo abbiamo ormai scoperto, ma desideriamo evidenziarlo ancora: indipendentemente dai «risultati» che si potranno raggiungere attraverso il Sinodo, un frutto buono lo possiamo già assaporare agli inizi: camminare insieme è già segno luminoso di Vangelo. È già un trasparente atto di fede, perché esprime la nostra fiducia nello Spirito di Dio che, sin dalle origini della Chiesa, ha parlato a comunità raccolte in preghiera, o radunate per capire e compiere decisioni. Quanto più saranno le voci a cui sarà dato diritto di cittadinanza, tanto maggiori saranno le «garanzie» che è lo Spirito del Signore a parlare, a farsi presente. Per questo ringraziamo il Signore!
Ci piacerebbe che anche in noi, nelle nostre comunità e famiglie riprendesse vigore, almeno un po’ di vigore, qualcosa di ciò che ardeva nel cuore di Sant’Antonio: il suo amore infinitamente grato per il Signore Gesù. Questo è stato costantemente il suo tesoro più grande, la sua passione dominante: rimanere fedelmente attaccato a Gesù, nell’intimità di un’amicizia bellissima e vitale con lui; e risvegliare in coloro che incontrava la medesima aspirazione a vivere, con il Salvatore, un rapporto profondo e vero.
Non possiamo inoltre dimenticare come la potentissima parola di Sant’Antonio si sia sempre espressa con mirabile onestà e potenza. Ci raccontano i suoi primi biografi che, quale vero discepolo di San Francesco d’Assisi, amava l’agire più che il parlare: si faceva «compagno degli umili molto volentieri, piuttosto che assidersi sulla cattedra di maestro». Ciononostante non ha mai rinunciato a predicare il Vangelo, consapevole di come una parola efficace sia in grado di risvegliare le coscienze, di illuminare i cuori. «Nessuna adulazione di favore umano riusciva a carezzarlo; ma parlando ai grandi e agli umili riusciva a colpire ciascuno in giusta misura con la freccia della verità». Possiamo certamente pensare che la parola di Sant’Antonio fosse tanto efficace anche a motivo della sua coerenza; prima di parlare, agiva. Ed è assai nota la sua affermazione: «Cessino, vi prego, le parole; parlino le opere».
Desideriamo chiedere al Signore che ancora oggi possano innalzarsi tante voci come quella di Antonio. Non smaniose di esibirsi o di avere ragione, ma animate dall’intimo desiderio di consolare, benedire, sostenere passi vacillanti, ridestare sogni di pace.
La pace! Come non chiedere questo dono, oggi? Chiediamo a Sant’Antonio di intercedere presso il Signore affinché ogni terra martoriata dalla violenza possa essere visitata dalla pace. Sono tante le popolazioni che soffrono: o perché minacciate quotidianamente dalle armi, o perché scandalosamente sfruttate dai potenti, o perché dimenticate nell’indifferenza, lasciate in balìa di ostilità distruttive, in preda a forze che sembrano inarrestabili. Manda, o Signore il tuo angelo di pace!
Ma vogliamo, con tutte le forze, iniziare noi per primi a deporre le armi delle competizioni, delle maldicenze velenose, delle sciocche rivendicazioni, dei ciechi arrivismi. Che Sant’Antonio ridesti ogni nostra energia addormentata affinché possiamo rendere più bella la vita degli altri, alleggerire il peso che grava sulle spalle delle persone che incontriamo ogni giorno; ci aiuti a gettare ponti di comunione, a sciogliere ogni durezza, a tendere mani accoglienti.
Sant’Antonio: inquietaci almeno un poco e rendici fratelli e sorelle coraggiosamente fantasiosi nell’intuire inedite strategie di riconciliazione laddove sembra inutile ogni sforzo di pace. Sia questo, oggi, il tuo «miracolo» più grande e più bello: la pace! Conta su di noi!
+ Claudio Cipolla,Vescovo di Padova Fra Antonio Ramina, Rettore della Basilica del Santo