L'intervento del vescovo per l'Indizione del sinodo

Stefano Callegaro

Di seguito le parole del Vescovo Claudio per l'indizione del Primo Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina.

 

Sono per noi oggi le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”.

Se questo mondo attraversa giorni difficili, l’amore di Cristo ci spinge con maggiore abbondanza di Grazia. Grazia divina che diventa in noi dono d’amore, interesse e dedizione gratuita, impegno per il bene e la giustizia. Grazia che, offrendoci la forza dello Spirito Santo, scende su noi e ci rende testimoni del Vangelo ad ogni creatura.

Il Sinodo diocesano si inserisce in questo mandato missionario e diventa la strada per seguire Gesù.

Altra espressione del Vangelo di oggi: “Allora essi partirono”. Si misero sulla strada, guidati dallo stesso Spirito e dalla stessa Parola, quelli di Gesù. Sulla strada, insieme, uniti: è esattamente ciò che intendiamo per Sinodo!

Camminare insieme è per me speranza e preghiera. In realtà immagino che siano la speranza e la preghiera di ogni vescovo, ma anche di ogni presbitero e battezzato, di ogni padre e madre che vogliono realizzare la propria famiglia nell’amore!

Sinodo è speranza. La speranza si accende quando ci si sente chiamati a raggiungere una meta impegnativa, alta, bella; quando ci si aspetta qualcosa di più, quando si possiedono beni che si desidera condividere con le persone a cui si vuole bene. Questa speranza è dell’intera comunità dei battezzati che è composta anche da presbiteri, da diaconi, da consacrate e consacrati, dalle diverse ministerialità e carismi presenti nel popolo di Dio; e che percepisce il pericolo della dispersione, della frantumazione e che desidera orientarsi anche comunitariamente secondo la volontà di Dio Padre.

Sinodo è anche preghiera. È la preghiera, in comunione con la preghiera sacerdotale di Gesù, di saper camminare insieme, arricchiti dalle nostre usanze e ma anche andando oltre, superando le nostre resistenze e vincendo presunzioni e individualismi. È preghiera di invocazione: “Che siano una cosa sola”! Preghiera che assomiglia a quella dei poveri, di coloro che invocano da Dio giustizia e dignità, senza pretese perché sono poveri; le invocano come Grazia.

Il Sinodo nasce dal desiderio del Vescovo di rendere possibile la strada del futuro e della missione. Strada da percorrere tutti insieme, ognuno con il suo carisma, “avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace”, al servizio di tutti coloro che il Signore ama.

Perché oggi? Sono trascorsi circa sessant’anni dalla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano Secondo: il soffio dello Spirito Santo ha raggiunto tutta la Chiesa cattolica aprendo orizzonti pastorali ricchi di novità; tra questi l’attenzione alla Chiesa locale, là dove vive e si manifesta la Chiesa Una, Santa, Cattolica ed Apostolica, lì dove si realizza la piena vitalità dello Spirito. Qualche anno fa, nel 2013, il Santo Padre Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci ha sollecitati a continuare nel cammino conciliare del rinnovamento pastorale.

Anche noi, nella Chiesa di Padova, abbiamo tante esperienze belle di cui fare memoria. Penso in particolare ad alcuni teologi, come mons. Luigi Sartori, mons. Ermanno Roberto Tura, e al contributo pastorale di vescovi come Girolamo Bortignon, Filippo Franceschi, il Vescovo Antonio Mattiazzo. In questi 60 anni centinaia di presbiteri e molti laici sono stati in missione a nome della Chiesa di Padova; abbiamo attivato servizi di carità straordinari come l’OPSA, il CUAMM, le Cucine economiche popolari. Addirittura abbiamo contribuito, soprattutto tramite mons. Giovanni Nervo e mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini, promotori della Caritas italiana, al rinnovamento della testimonianza della carità delle Chiese che sono in Italia.

Conosciamo inoltre la vitalità, proveniente dalla spinta conciliare, di tante nostre comunità che hanno saputo attivare i consigli di comunione conferendo un volto di partecipazione e di corresponsabilità inimmaginabili prima del Concilio. In occasione della visita pastorale ho incontrato veramente tante belle e commoventi testimonianze di amore nei Consigli pastorali ed economici.

È arrivato il tempo di una comprensione di questa lunga esperienza per capire, dalle tracce lasciate dai nostri passi, dove lo Spirito ci sta orientando. Lo Spirito ha agito anche fuori dalla nostra storia diocesana attraverso molte e diverse manifestazioni, ma a noi è consegnata questa porzione di Chiesa, quella radicata in questa terra e in questa storia.

È tempo quindi di una sintesi ecclesiale che permetta di guardare al futuro “insieme”, con un rinnovato coraggio; anzi con un rinnovato entusiasmo. È venuto il tempo di favorire il futuro e di andargli incontro mettendoci in ascolto dello Spirito del Signore Risorto.

Grazie al Cielo non ci sono rotture e tensioni straordinarie. Il nostro è tempo di pace e quindi è tempo favorevole per una riflessione serena e per scoprire la vocazione della nostra Chiesa patavina, per guardare con fiducia avanti.

D’altra parte questo tempo pone molte sfide a livello ecclesiale, sociale e soprattutto culturale: il Covid 19 le ha evidenziate e noi le accettiamo, obbedienti alla nostra vita concreta, come spazio per la missione di preparare ai nostri figli un domani e una terra, sempre promessa, “dove scorrono latte e miele”.

L’incontro di oggi, con il quale annunciamo il primo Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina, è il punto di partenza con il quale qualificare lo stile del cammino che ci aspetta, uno stile eucaristico, spirituale.

Ha già una piccola storia, una storia di discernimento comunitario: il Sinodo dei Giovani vissuto nel 2016-2018 ne ha attestato la proponibilità; alcuni consigli pastorali parrocchiali incontrati da me durante la Visita Pastorale me ne hanno fatto espressa richiesta; ne abbiamo parlato in più occasioni nel Consiglio episcopale; dalla fine del 2019 ci siamo confrontati nel Consiglio Pastorale diocesano e nel Consiglio Presbiterale; ne abbiamo parlato anche con gli uffici pastorali e con le aggregazioni laicali; ne avevo parlato anche con gli uomini e le donne di vita consacrata. 

Di fronte alla crisi provocata dalla Pandemia, che si è presentata proprio mentre riflettevamo sul senso di una proposta così impegnativa, siamo stati presi da qualche incertezza ma abbiamo percepito che proprio la Pandemia ha ulteriormente evidenziato quelle domande di senso e di stile che motivavano l’opportunità di un Sinodo. Abbiamo quindi superato la prova e abbiamo confermato la scelta.

Presa la decisione ai primi di gennaio, oggi indìco il Sinodo diocesano mentre nella Pentecoste del 2022 celebreremo la solenne apertura!

L’indizione è strettamente e spiritualmente connessa alla Celebrazione domenicale dell’Eucaristia in questa Solennità dell’Ascensione del Signore, presieduta da me qui in Cattedrale e da miei delegati in 14 sedi distribuite nel nostro territorio, da Asiago a Montagnana.

L’Eucaristia è metafora del Sinodo: l’indizione corrisponde al movimento di convocazione, che rende possibile il radunarsi dell’assemblea per la celebrazione. Atto al quale normalmente non prestiamo particolare attenzione perché negli ultimi secoli e decenni era dato per scontato. Erano sufficienti le campane per avvertire e chiamare a raccolta il popolo. Indìre evoca il fatto che qualcuno ti chiama, che ti cerca ed esprime la volontà di incontro, di relazione: è il vescovo, oggi; è la tua comunità, ogni domenica; è il Signore stesso, sempre.

Alla convocazione corrisponde una risposta: Vado o non vado? La risposta esprime qualcosa anche di te, della tua relazione con il Signore, con gli altri della comunità, con i padri e le madri della tua fede: sai che ti aspettano!

Nasce così il movimento, una specie di pellegrinaggio, che ti fa uscire di casa e camminare verso la Chiesa, dove sono gli altri a cui sei legato nella fede. Uscire di casa dice la tua scelta di stare con gli altri. A volte questo uscire è faticoso, altre volte è una gioia.

Non sono tempi senza senso o inutili quelli della convocazione: fanno parte del nostro essere persone, fasci di relazioni, di corpo, di tempo. Sono i tempi del cuore pastorale che attende, dello spirito missionario che cerca, del calore dell’amicizia e della familiarità.

I sentimenti e i pensieri che ci accompagnano mentre camminiamo verso la comunità riunita, sono già parte dell’Eucaristia, ci preparano e ci rendono disponibili a vivere l’incontro. Rendono possibile il nostro scambio di sguardi, di strette di mano, di saluti amichevoli e fraterni, e ci preparano all’abbraccio del Signore. Sentendoci convocati dallo Spirito santo nel nome del Padre e del Figlio, accogliamo quelle braccia aperte con le quali chi presiede ci accoglie nella Pace, nella Grazia, nell’Amore, nella Comunione trasformando il nostro camminare verso la Chiesa in pellegrinaggio verso il mistero di Dio.           

Indìco quindi il Sinodo: suono, usando una immagine, le campane, invito le comunità e i cristiani, chiedo loro di mettersi in cammino verso il Signore, la sua parola, la sua Chiesa.

Quest’anno sarà al lavoro una commissione, la Commissione Preparatoria, che incarico pubblicamente di preparare quanto è necessario ascoltando il mondo e la sua cultura, e indicando i nodi e le idee fondamentali per il cammino sinodale. Al Sinodo affidiamo il compito e la responsabilità di capire dal Signore dove vuole che noi andiamo in questo tempo storico, e di indicare scelte e priorità pastorali.

Dopo l’abbraccio del Padre alla comunità convocata, l’assemblea eucaristica viene invitata ad esaminare la propria coscienza. Riconosciamo i nostri peccati, si dice normalmente. L’attenzione è sul “riconoscere”, sulla presa di coscienza, sulla lettura della nostra vita. Il fine non è tanto chiedere perdono, ma celebrare la consapevolezza che il Signore ci accompagna e ci vuole bene: Lui è più grande dei nostri peccati. Per questo penso che la nuova edizione del messale ci inviti a cantare il Kyrie eleison, riconoscendo con questa formula la presenza del Risorto, il Signore, il Kyrios, colui che ha sconfitto il peccato e la morte. Siamo talmente sicuri della sua Signoria che di fronte a lui rileggiamo la nostra vita e non temiamo nemmeno il nostro peccato. Sappiamo che la sua misericordia ci permette di sopportare i nostri limiti e sempre ci perdona.

Così la Commissione Preparatoria dovrà ascoltare il vissuto della nostra Chiesa, quello che pensano e vivono le nostre comunità, e il cammino che le nostre comunità hanno compiuto in questi ultimi decenni. Promuovere cioè una specie di esame di coscienza comunitario: Che coscienza ha la Chiesa di se stessa? Che coscienza hanno della propria fede i cristiani? Che umanità noi cristiani e noi Chiesa stiamo esprimendo? Che cosa possiamo fare di più per vivere la nostra missione nel mondo? Siamo ancora in grado di parlare al mondo, di parlare al mondo dell’amore del Padre che ci è stato manifestato dal Figlio suo e nostro fratello Gesù? Stiamo consolando, incoraggiando, servendo, amando come Gesù ha amato il mondo e noi?

Dobbiamo vivere questo esame di coscienza non tanto con la paura del giudizio o di fare brutta figura, ma con la certezza che il Signore cammina con noi e che a lui possiamo consegnarci fiduciosi.

Nell’Eucaristia, esperienza di fraternità, l’incontro con i fratelli e le sorelle è fondamentale. Vogliamo comunità calorose ed accoglienti, ci hanno detto i nostri giovani nella Lettera finale del loro Sinodo. È fuori dubbio che l’amore reciproco è vangelo. “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi”, dice Gesù.

È vero anche che l’Eucarestia non è solo questo. Convocazione, accoglienza, lettura della propria coscienza sono solo i riti di introduzione e per noi oggi questi sono i riti di indizione. L’Eucaristia però è azione dello Spirito, è opera divina. È lo Spirito che opera e rende le parole lette, proclamate, approfondite strada della Parola di Dio; è lo Spirito che rende il pane e il vino Corpo e Sangue di Cristo, è lo Spirito che trasforma un insieme di persone in Chiesa, corpo del Cristo risorto.

Il Sinodo richiede che noi ci mettiamo insieme, che ci confrontiamo, che studiamo, che ascoltiamo, ma non è solo questo. Il Sinodo è prima di tutto opera dello Spirito, non nostra. Quanto possiamo fare ci predispone ad ascoltare lo Spirito, crea atteggiamenti capaci di accogliere la sua azione performante e trasformante. Noi possiamo camminare insieme verso la direzione indicata dallo Spirito, possiamo prendere coscienza delle nostre povertà per appoggiare la nostra speranza nell’azione dello Spirito e non in noi stessi. Insomma possiamo fare tanto ma ciò è nulla rispetto a quello che ci aspettiamo da Lui. I nostri riti di introduzione ci predispongono ad accogliere l’intervento straordinario di Dio, ci predispongono a “celebrare” il Sinodo!

Fin da oggi quindi permettiamo alle campane di suonare, di diffondere il richiamo a tutti, uomini e donne. Che questo suono arrivi alle nostre piazze, che si senta lungo le strade, negli ospedali e nelle case di riposo, nei luoghi della cultura e della scienza, nelle aziende artigianali, commerciali, nelle industrie e in tutti i luoghi dove si lavora, dove si studia e ci si diverte. Ovunque suonino le campane della convocazione perché tutti i figli di Dio si sentano invitati ed attesi. Nessuno si senta escluso per la sua diversità o per la sua fatica.

Fin da oggi invito tutti i cristiani a camminare verso le loro comunità e fraternità, ed invito i presbiteri a spostare le loro priorità dal “fare cose” al “convocare comunità” dove ci si senta chiamati per nome, dall’offerta di servizi religiosi alla difficile edificazione di relazioni fraterne e calorose. Sono i riti di introduzione: è l’indizione della celebrazione del Sinodo della santa Chiesa di Padova.

La mia richiesta per tutti è di cercare, tendere, aspirare all’unità: non possiamo dividerci in questa opera di Dio! L’unità non è omogeneità ma creatività, immaginazione, desiderio di comunione. Il cammino fatto insieme alla ricerca della volontà del Signore, avrà un altro protagonista, il divisore, il serpente antico, cioè il diavolo, il quale con maggiore destrezza si introdurrà nella nostra vita e nella vita della nostra Chiesa per farci fallire. E lo farà a partire dai nostri pensieri taciuti che si esprimeranno in atteggiamenti, in parole e in gesti che si opporranno alla fatica di convocare comunità e di suonare campane per chiamare tutti. Il maligno vorrà dividerci non solo con pensieri taciuti, ma anche con freni interiori, con opposizioni verbali, con rigidità inconsce.

Restiamo uniti da subito. Restiamo uniti nella preghiera. Restiamo uniti nella speranza.  Aiutiamoci gli uni gli altri a rimanere uniti facendoci operatori di pace, di riconciliazione. Il Signore Risorto ha già vinto questa battaglia e continuamente ci rende concordi, capaci di vincere le separazioni e di abbattere le distanze. Tra preti, tra consacrati, tra battezzati aiutiamoci nel rimanere uniti e fraterni nell’aderire alla chiamata del Signore in questo tempo storico della nostra Chiesa.

Frutto della Pentecoste è l’amore fraterno, la concordia, l’avere un cuore solo e un’anima sola. Diventare un solo spirito, un solo corpo come uno solo è il battesimo… Questo sarà il frutto del Sinodo: una nuova e bella comunione della nostra Chiesa e una rinnovata forza missionaria. È la nostra speranza e la nostra preghiera.   

Questo processo inizia oggi con la liturgia dell’ascolto: il Signore ci dia orecchi e cuore per ascoltare quello che lo Spirito dice alle Chiese. Ci predisponga fin da ora ad incontrare i nostri fratelli e sorelle nel Vangelo e ad accogliere l’effusione della rugiada del suo Spirito per diventare sempre più l’opera meravigliosa delle sue mani.

+ Claudio Cipolla, vescovo

Scritto da Stefano Callegaro
Notizie principali:

Giubileo 2025 - Diocesi di Padova

Dal sito della diocesi di Padova

Il Giubileo ordinario 2025 che invita a essere “pellegrini di speranza” come indica la Bolla di indizione (Spes non confundit [Rm 5,5] – La speranza non delude) avrà inizio con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano il 24 dicembre 2024 e terminerà il 6 gennaio 2026.

A livello diocesano l’Anno Santo si aprirà in tutto il mondo domenica 29 dicembre 2024 e si concluderà domenica 28 dicembre 2025.

A Padova la celebrazione di apertura del Giubileo, presieduta dal vescovo mons. Claudio Cipolla è in programma domenica 29 dicembre alle ore 16.00, con inizio e partenza dalla chiesa del Seminario (Santa Maria in Vanzo) per concludersi in Cattedrale dopo il momento processionale.

 «Domenica 29 dicembre – ha ricordato il vescovo Claudio nella lettera d’inizio Avvento rivolta alle comunità – come in tutte le Cattedrali del mondo, anche noi apriremo l’Anno Santo perché il Signore, ancora una volta, ci doni la sua grazia, si mostri indulgente e misericordioso nei nostri confronti, ci apra alla conversione dei pensieri, dei sentimenti e dei desideri, facendo di noi dei «pellegrini di speranza».

Per disposizione di papa Francesco le Porte Sante saranno solo quelle delle quattro basiliche papali maggiori (San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le Mura) e quella del carcere romano di Rebibbia.

Nelle Diocesi ci saranno invece dei “luoghi giubilari”, che saranno meta di pellegrinaggio, dove sarà concessa l’Indulgenza giubilare secondo le indicazioni indicate da papa Francesco per il Giubileo 2025. Qui si potrà giungere come comunità, gruppi, singoli pellegrini.

 

In Diocesi di Padova sono 32 i luoghi, che saranno contraddistinti come “luogo giubilare”:

In città

  • Basilica Cattedrale
  • Basilica di Sant’Antonio
  • Basilica di Santa Giustina
  • Santuario di San Leopoldo Mandiç

All’origine della fede

  • Chiesa di Santa Sofia
  • Chiesa degli Eremitani, Padova
  • Oratorio di Pozzoveggiani San Michele Arcangelo, Padova
  • Duomo vecchio e Santuario delle Sette Chiese, Monselice

Monasteri e abbazie

  • Abbazia di Praglia, Teolo
  • Santa Maria delle Carceri, Carceri
  • Chiesa di Santa Croce, Campese

Luogo antoniano

  • Sant’Antonio di Padova all’Arcella, Padova

Luogo eucaristico

  • Chiesa del Corpus Domini, Padova

Santuari mariani

  • Annunciazione della Beata Vergine, Tresto di Ospedaletto Euganeo
  • Beata Vergine Assunta, Monteortone
  • Beata Vergine dell’Angelo, Piovene
  • Beata Vergine del Caravaggio, San Vito di Valdobbiadene
  • Beata Vergine del Covolo, Crespano del Grappa
  • Beata Vergine della Misericordia, Terrassa Padovana
  • Beata Vergine delle Grazie, Villafranca Padovana
  • Beata Vergine del Pedancino, Cismon del Grappa
  • Beata Vergine di Tessara, Santa Maria di Non
  • Madonna del Carmine, Padova
  • Madonna dell’Olmo, Thiene
  • Madonna Pellegrina, Padova
  • Santa Maria delle Grazie, Este
  • Santa Maria delle Grazie, Piove di Sacco

Luoghi della cura e della carità, della giustizia e della pace

  • Cucine Economiche Popolari (Fondazione Nervo Pasini), Padova
  • Opera della Provvidenza S. Antonio, Sarmeola di Rubano
  • Tempio nazionale Internato ignoto, Padova
  • Sacello Ossario Cima Grappa, Crespano del Grappa
  • Tempio del Donatore, Valdobbiadene

Per ottenere la “grazia giubilare”, che rappresenta un “di più” di misericordia che diventa un sostegno per crescere nel bene e vivere il Vangelo, il fedele è chiamato a compiere alcuni passaggi: vivere il sacramento della riconciliazione, celebrare l’eucaristia, pregare secondo le intenzioni del Papa.

Accanto a questi momenti c’è l’impegno a vivere un’azione che può essere; il pellegrinaggio in un luogo giubilare e qui confermare la propria fede con la preghiera del Padre Nostro e la recita del Credo; devolvere denaro ai poveri; astenersi per un giorno da futili distrazioni o da consumi superflui; dedicare del tempo all’adorazione eucaristica o alla meditazione con la Bibbia o ad attività di volontariato a beneficio del bene comune; visitare chi è nella necessità; praticare le sette opere di misericordia e azioni di giustizia, penitenza e riconciliazione, sostenere opere di carattere religioso o sociale; partecipare a proposte di formazione spirituale e teologica.

Per dare forma a una carità condivisa, nel corso dell’Anno giubilare alle parrocchie, ai gruppi, alle associazioni e ai singoli viene proposta un’attenzione specifica a sostegno di tre progetti diocesani:

  1. il progetto Vi sia uguaglianza, per sostenere il debito delle parrocchie in difficoltà.
  2. Il sostegno alle Cucine economiche popolari, che con l’inizio del 2025 vedranno iniziare la ristrutturazione dei locali del Tempio della Pace, dove verrà trasferita la nuova sede.
  3. Il sostegno ai progetti missionari a Pacaraima (Roraima, Brasile)

Si potrà sostenere tramite bonifico sul conto BANCO BPM – Diocesi di Padova

IBAN: IT 73 A 05034 12112 000000008000

specificando il progetto scelto nella causale

Causale: Giubileo – Vi sia uguaglianza

Causale: Giubileo – Cucine economiche popolari

Causale: Giubileo – Missione Roraima

 Per accompagnare il Giubileo è stato creato un apposito sito internet dedicato al Giubileo in Diocesi di Padova, che da oggi sarà raggiungibile all’indirizzo: http://giubileo2025.diocesipadova.it dove si potranno trovare tutte le informazioni che possono essere utili al fedele: dall’elenco dei luoghi giubilari ai progetti di carità, dalle indicazioni per ottenere l’indulgenza giubilare alle preghiere, al senso del Giubileo.

È stato inoltre attivato un apposito indirizzo email (giubileo2025@diocesipadova.it) dove parrocchie, gruppi diocesani, pellegrini potranno condividere la loro esperienza giubilare inviando foto e brevi testi che saranno selezionati e pubblicati nella gallery del sito, oltre a poter trovare spazio sulle pagine del settimanale diocesano, La Difesa del popolo.

Stefano Callegaro

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Tesseramento NOI

Anche quest'anno è possibile sostenere le attività del nostro Centro Parrocchiale scegliendo di tesserarsi all'Associazione NOI "Centro di Aggregazione S. Agostino APS"
Vi aspettiamo presso il bar del Patronato dopo le SS. Messe del 6, 11, 12, 18 e 19 gennaio

Per informazioni scrivere a noibovolenta@gmail.com oppure rivolgersi al banchetto del tesseramento

Stefano Callegaro

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Auguri di Buon Natale dal vescovo Claudio

AUGURI DI NATALE 2024

 

 

Giungano a tutti voi i miei auguri di un Buon Natale e di un Anno Nuovo “buono” e secondo i disegni del Signore.

Un anno che sarà “santo” – giubilare – e che ci invita a essere “pellegrini di speranza”.

In modo particolare rivolgo gli auguri ai miei più stretti collaboratori – presbiteri e diaconi – ma anche ai religiosi e religiose, alle persone consacrate e a quanti sono stati scelti dalle comunità e hanno dato la loro disponibilità come membri degli organismi di comunione e di partecipazione, perché hanno un compito particolarmente importante oggi e nell’attuazione del Sinodo diocesano. Come pure desidero ricordare, ringraziare e incoraggiare le tante persone che nel silenzio e nel nascondimento si adoperano per aiutare, fin nelle più piccole cose, la vita delle nostre comunità.

Grazie per esserci e per dare volto e anima alle nostre parrocchie che – ce l’ha ricordato anche il Sinodo diocesano – sono oasi di spiritualità in cui respirare il Vangelo di Gesù, luoghi di “ristoro” spirituale, di rigenerazione, una palestra per l’anima dove alimentare la propria fede e dare forza alla testimonianza nel mondo.

La maggioranza dei cristiani, infatti, vive “nel mondo”, spesso sui “confini” dei grandi problemi di ordine etico, morale, politico, amministrativo, a contatto con delicate questioni legate alla giustizia e all’ambiente…

I cristiani lavorano lì sulla soglia, sul confine e vorrei sostenerli e incoraggiarli perché diano una testimonianza bella e viva della gioia cristiana: abbiate la forza e il coraggio di rimanere e portare lì dove lavorate quella parola buona che ricavate dalla fede in Gesù Cristo e nel Vangelo.

Gesù è venuto ad abitare in mezzo a noi; è stato uno di noi.

Gesù viene ancora oggi ad abitare in mezzo a noi e questa sua presenza ci conforta e ci rassicura, ci dice la grande potenzialità che c’è nella nostra umanità, che può essere capace di grandi cose e di bene.

L’augurio che vorrei estendere a tutti in questo Natale è proprio questo:

di trovare il coraggio del bene;

di trovare il coraggio di ritessere le basi delle nostre comunità;

di trovare il coraggio di essere testimoni specie nei confronti dei giovani, per aiutarli a far emergere – a “tirar fuori”, perché questo significa educare – quel bello e quel bene che c’è nei loro cuori.

Un pensiero particolare va a tutte le popolazioni che vivono il dramma della guerra e della violenza, che non vedono all’orizzonte una speranza di pace; e alle tante persone che vivono disagi fisici, materiali e spirituali e soffrono la solitudine e l’inquietudine per il domani.

Il Giubileo della speranza che è alle porte possa essere occasione di grazia e di conversione.

Il Signore che viene illumini le nostre azioni e i nostri pensieri e aiuti a guardare con speranza e uno sguardo nuovo ciò che ci sta attorno per riuscire sempre a trarre il bene e testimoniarlo nella vita di tutti i giorni.

Buon Natale!

 

+ Claudio Cipolla, vescovo

Stefano Callegaro

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